Il murale
Il murale si trova nella Sala Giardino, ricavata nello spazio che in precedenza era stato lo studio del Prof. Sabino Acquaviva.
Come ricordato dal Prof. Marco Almagisti: <<Il Prof. Acquaviva era docente e - per una fase anche Preside della Facoltà di Scienze Politiche - nella Padova degli anni Settanta, in un periodo difficile, di tempeste e di speranze, durante il quale si è trovato a confrontarsi anche con le parti più radicali di quei movimenti sociali che aveva studiato. La curiosità, la volontà di capire e di ragionare assieme agli interlocutori, che sono caratteristiche basilari per uno scienziato sociale, lo hanno accompagnato durante questa esperienza>>.
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Di quegli anni turbolenti e, in particolare, delle circostanze che portarono alla realizzazione del murale, il Prof. Acquaviva dà conto nel libro Sinfonia in rosso : 1977-1980.
Lasciamo, quindi, a lui la parola e seguiamolo nella rievocazione di quegli avvenimenti:
"Anche la seconda volta, durante l’occupazione, disegnarono, scrissero, imbrattarono i muri, e volevano dipingere anche il mio studio. <<No>>, dissi, <<non sapete disegnare, ci penso da solo.>> Comperai un barattolo di vernice rossa, uno di vernice nera, e un pennello. Dipinsi un guerrigliero con il mitra in mano e il braccio puntato verso la porta. Simbolo di che? Della loro rivoluzione? Del mio modo di cambiare diversamente il mondo? Un invito a tutti di uscire dal mio studio? Ciascuno poteva interpretarlo leggerlo, a suo modo. E in vari modo lo "lessero" gli autonomi (soddisfatti), i giornalisti italiani e stranieri che "dopo" vennero ad intervistarmi. Questi lo fotografarono, usarono, manipolarono, pubblicarono.
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Il guerrigliero fece il giro del mondo: me ne scrissero scandalizzati o entusiasti amici tedeschi, inglesi, francesi, americani. In seguito i settimanali continuarono a fotografarmi e l’affresco era sempre alle mie spalle. Quasi il simbolo di quei mesi. Ma allora, quando lo dipinsi, tutto era diverso: lo disegnai di getto, "usciva" da uno stato d’animo. Rendeva, o voleva rendere, una situazione, un mondo, una storia, una cultura: così com’erano. In quel momento così sentivo un mondo che era simbolo di uno spazio in cui c’era della gente, ma non sapevo quale, che stava appunto per usare le armi: intorno a me, sicuramente, dei "mai più senza fucile", i terroristi che così si sarebbero fatti chiamare in seguito. Ma non sapevo chi erano, e mi sentivo un po’ come un personaggio di Kafka". Acquaviva, Sabino. Sinfonia in rosso : 1977-1980. Milano: Rusconi, 1988, p. 42
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